Un uomo, a causa della presenza di liquame in una stazione ferroviaria, cadeva rovinosamente a terra dopo essere sceso dalle scale mobili. Il protagonista della vicenda, quindi, citava in giudizio la società dei trasporti al fine di ottenere il risarcimento del danno.
La domanda è stata dichiarata infondata.
Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la responsabilità ex art. 2051 c.c. postula l’esistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, «tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa». Detta norma, però, non dispensa il danneggiato dall’onere di dimostrare il nesso causale tra cosa e danno, mentre resta a carico del custode offrire «la prova contraria alla presunzione furis tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità» (Cass. n. 15761/2016).
La Suprema Corte, inoltre, con riguardo al caso fortuito, ha precisato che esso è «ciò che non può prevedersi (mentre la forza maggiore è ciò che non può evitarsi), per poi giungere, dopo un’accurata disamina del ruolo della condotta del danneggiato, alla conclusione che anche questa può integrare il caso fortuito ed escludere integralmente la responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., ma solo purché abbia due caratteristiche: sia stata colposa, e non fosse prevedibile da parte del custode» (Cass. n. 25837/2017).
Applicando i principi appena esposti, quindi, il Tribunale ha ritenuto che nel caso di specie sia configurabile l’esimente del caso fortuito, sia perché il danno è stato determinato da cause create da terzi, sia perché si è in presenza di alterazioni repentine e non prevedibili dello stato della cosa che, nonostante l’attività di controllo, non potevano essere rimosse per la mancanza del tempo necessario a provvedervi.
Dalle risultanze istruttorie, infatti, è emerso che, prima dell’attore, nessun’altro era caduto, per cui si può ritenere che la dispersione del liquido fosse dovuta al passaggio di uno degli altri utenti. Inoltre, nemmeno risulta configurabile una condizione di pericolo occulto, in quanto la chiazza di liquido era verosimilmente avvistabile.
Per questi motivi, il Tribunale ha rigettato la domanda.
Trib. Roma, sez. XIII, sent., 15 ottobre 2021, n. 16094